Nel secondo dopoguerra l’Italia si era abituata a vivere nella “società della scarsità”.
Poi vi era stato, negli anni ’60 del 900, il boom economico che, seppure con vari alti e bassi, sfociò nella “società del superfluo”, caratterizzata da forte edonismo e consumismo senza freni. Poi, qualcuno, pensò di definire creativa la finanza scriteriata e ci siamo così trovati, con tre balzi, a passare dalla società della scarsità a quella dell’abbondanza per poi piombare, all’improvviso, in una forte depressione. Un guaio? Certo, ma anche una opportunità. E’ un buon momento per ragionare, tra le altre cose, sulla distanza che spesso intercorre tra le ambizioni e le abilità personali. Bisogna ridurre il gap tra le due cose. Per ottenere questo serve molta formazione e aggiornamento professionale, soprattutto di taglio pratico. È necessario potenziare l’autonomia di processo, investire sulla creatività, smettere di chiedere, per ogni cosa, “Come si fa?” e provare a farlo autonomamente in modo diverso e nuovo.
Serve solo un po’ di allenamento.
Come dicono i contadini spagnoli: solleva ogni giorno un vitello e ti troverai senza sforzo a sollevare un toro.
Bene allenati a fare da soli, ci si trasforma in agenti di cambiamento. La formazione serve anche a chiarire che le crisi possono essere vissute come stimolo per il cambiamento. La formazione e l’aggiornamento professionale possono svolgere un ruolo fondamentale, in questo senso. Bisogna aggiungere vita ai giorni, non giorni alla vita.
Come dice Jean Giono: “Vuoi un posto al sole? E’ normale. Ma allora fatti sole, invece di farti posto.”
Pubblicato il 18/06/2018 alle ore 09:42 da Enrico Cogno
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